Solidarità fiscale alla greca

di Matteo Bortolon da Il Manifesto del 23-05-2020

Nelle trattative dei vertici europei l’Olanda si è ultimamente distinta per una strenua opposizione ad ogni forma di solidarietà: no eurobond, niente soldi regalati alle « cicale » mediterranee. Non ha aiutato a rinfrancare gli umori il fatto che sia un paradiso fiscale : un territorio con una tassazione favorevole ai capitali di provenienza straniera, di entità molto inferiore alla norma (la definizione è controversa).
Le negoziazioni europee stanno partorendo niente più che schemi di indebitamento per il sostegno dei paesi più in crisi, in primis Italia, Spagna e Grecia. A questo punto è ricomparso magicamente in pompa magna la prospettiva della patrimoniale: invece di chiedere soldi alle istituzioni sovranazionali particolarmente odiati come il MES o altri dai contorni ancora fumosi ed incerti, le prendiamo direttamente dalla ricchezza degli italiani. Tale proposta ricompare ciclicamente torna, tanto presso la «sinistra» di governo che la vede come uno strumento di natura finanziaria per far quadrare i conti, tanto presso le sinistre radicali, che invece, la considerano strumento di giustizia sociale per diminuire la diseguaglianza e lo strapotere dei ricchi.
Purtroppo è complesso imporre un prelievo alla ricchezza in un contesto in cui i capitali girano liberamente: nella Ue la proibizione di limiti alla loro circolazione non solo è oramai vigente da molti anni, dalla direttiva 88/361/CEE del 1988, ma è stata « costituzionalizzata » all’art. 63 del Trattato di Lisbona attuale. La Ue è un ambito ristretto in cui sono state cristallizzate politiche in voga un po’ dappertutto dagli anni Ottanta e Novanta. Creando in tal modo un contesto geoeconomico che strutturalmente è favorevole alla mobilità del capitale e della ricchezza. Come spiegano in modo particolareggiato gli economisti del meritorio blog Coniarerivolta (« La giusta patrimoniale e i suoi nemici » di aprile 2020) di chiara impostazione socialista, tale architettura giuridica fa sì che andare a scovare le richezze dell’1% più ricco sia particolarmente arduo, anche senza scomodare i numerosi scandali fiscali recenti.
Anche se non esiste una definizione unanimamente accettata di « paradiso fiscale »,secondo i criteri più rigorosi degli analisti, diversi paesi europei vi rientrano. Secondo lo studio di tre economisti (Torslov, Wiel, Zucman) l’Italia perde il 15% delle tasse sui profitti d’impresa a causa di tali giurisdizioni ; l’84% di tale ammanco è dovuto a paradisi in Ue : Belgio, Cipro, Irlanda, Lussemburgo (il peggiore di tutti), Malta e… Olanda.
Se una tassazione più dura verso grandi patrimoni è universalmente considerata un mezzo possibile per raggiungere una maggiore equità sociale, occorre fare attenzione ai dettagli delle proposte, perché il rischio di lavorare per il Re di Prussia è alto. La mancanza di solidarietà in ambito Ue (di cui non ci si dovrebbe stupire troppo, dato che essa è interamente basata sui principi di concorrenza e libero mercato) fa sì che la catastrofe economica che si prefigura in seguito al confinamento per covid-19 venga affrontata a suon di prestiti più o meno « mutualizzati » (ma i dettagli sono tutti da vedere) sul versante della raccolta dei fondi (chiedendoli come solito ai « generosi » mercati finanziari ) e che ricadrà in un modo o nell’altro sugli Stati beneficiari, per pagare i quali essi dovranno agire sugli unici canali disponibili : la cessione delle risorse e la tassazione più accentuata. Il caso della Grecia resta lì a testimoniarlo, assieme a tutto il tristissimo corteo di paesi che come racconta Eric Toussaint nell’importante testo Il sistema hanno in passato perso la sovranità finanziaria e fiscale a favore di un commissariamento a favore dei creditori ; una liberazione dai quali, salvo rivolta armata, è molto difficoltosa.