Comunicato di Massa Critica di Napoli sulla situazione finanziaria della città di Napoli dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale
Save the #city
Ci risiamo, ancora una volta viene agitato lo spettro del dissesto finanziario per invocare il commissariamento del Comune di #Napoli e quindi giustificare la svendita della città.
Dopo le sorprese sul disavanzo del 2011 ereditate da 15 anni di PD-DS, l’adesione al pre-dissesto nel 2013, le continue crisi di blocco della cassa per la questione #CR8 del 2016/2017, dopo la sanzione della Corte dei Conti comminata nel 2018 per aver sforato il patto di stabilità nel 2015, siamo nuovamente sull’orlo del baratro poiché due leggi dello Stato, Governo Renzi 2015 e Governo Gentiloni 2017, in materia di utilizzo delle anticipazioni di liquidità per gli Enti Locali, sono state considerate incostituzionali.
La Consulta (n°4 del 2020) dichiara l’illegittimità costituzionale di un articolo del decreto-legge n. 78 (2015) e di un articolo della legge finanziaria dicembre 2017.
Significa che il Comune di Napoli e poco meno di 200 altri Comuni, di cui 150 al #Sud ma anche Orvieto e Savona, per coprire il disavanzo e avere maggiore capacità di spesa per i servizi hanno usato i prestiti sulla base di leggi dello Stato poi dichiarati incostituzionali.
Ma c’è di più, si legge nel testo dell’Alta Corte qualche rigo prima della decisione: l’equilibrio dei conti è un presupposto della sana gestione finanziaria, del buon andamento e della corretta e ponderata programmazione delle politiche pubbliche (artt. 81 e 97 Cost.).
Eccolo lì, ancora l’articolo 81, quello del pareggio di #bilancio; tutte le azioni locali finanziarie, tutti gli sforzi degli Enti Locali devono essere rivolti al pareggio di bilancio.
Viene persino negata l’attivabilità del fondo perequativo previsto dall’art. 119 Cost. per le comunità meno abbienti.
Questo fondo è uno dei pochi presidi di solidarietà territoriale ancora rimasti nel Titolo V, dopo la riforma nel 2001.
Eppure, la Corte ne dà un’interpretazione perversa, che nega l’aiuto puntando il dito sulla cattiva gestione, laddove la Costituzione impone come unico e giusto criterio la condizione di povertà del territorio. Come se si trattasse di distribuire premi ai sindaci, invece che di soccorrere una “comunità meno abbiente”, gravata da uno svantaggio strutturale sin dai primi decenni dell’Unità.
Quindi non si hanno più trasferimenti ordinari e questi vengono sostituiti da prestiti che diventano debiti e #interessi che non si potranno più pagare.
Ma come è possibile? Se ha ancora un senso definirci uno Stato Sociale, come possono l’autonomia differenziata e il #federalismo fiscale dire esattamente l’opposto: chi ha di più deve avere di più e chi ha meno vuol dire che non ha bisogno di risorse, questo è il rapporto centro-periferia nell’Italia del 2020.
Fin qui il contesto non poco confuso della legislazione esistente, poi esistono le responsabilità di chi ha spesso dilazionato nel tempo un’azione decisa di contrasto al debito illegittimo con troppi proclami e poca sostanza.
L’amministrazione è stata troppo spesso impegnata in movimenti contabili e fiscali per “dare ossigeno” all’immediato senza fare battaglie forti di contrasto al debito #illegittimo come quello del periodo commissariale o dei derivati finanziari.
La Consulta di#audit sul #debito, peraltro voluta dai movimenti ma anche dall’amministrazione, è nata per questo e sta lavorando con intensità per risolvere alcuni di questi storici problemi.
Ma non basta, l’attività amministrativa di supporto è insufficiente e non adatta a battaglie così importanti; dall’altro lato l’apporto delle tifoserie a favore del dissesto fanno tanto rumore per nulla senza rendersi minimamente conto di cosa significhi, con le attuali prescrizioni del #TUEL, entrare in dissesto finanziario. Napoli esce da decenni di commissariamenti (terremoto, rifiuti, dissesto idrogeologico e traffico), e sa bene che quest’ultimo sottrae il controllo sulle decisioni pubbliche, esautorando le istituzioni elette per sostituirle con organi politicamente non responsabili verso la città.
In questo scenario, la città muore ma su questo vogliamo essere chiari:Napoli non è il suo Sindaco e non possiamo invocare il dissesto soltanto per distruggere una figura politica, che ad onor di cronaca ha ereditato una situazione comatosa nota a tutti, ma al contempo non possiamo combattere per salvare Napoli soltanto perchè dobbiamo, a tutti i costi, salvare il #Sindaco.
La città va salvaguardata a prescindere dalla sua amministrazione, la svendita di tutto il patrimonio per mano commissariale e l’interruzione di ogni capitolo di spesa non essenziale è un calvario che questa città non può permettersi.
Per questo, invitiamo tutt* a riunirsi per lanciare una campagna contro il saccheggio della città. E’ necessario mettere in campo con tutti gli strumenti esistenti, con la lotta, con ogni azione e pratica volte ad evitare che il dissesto diventi realtà ma è necessario anche prepararsi a resistere contro la nefasta stagione del #commissariamento che si prospetta.
Una riforma strutturale della gestione delle finanze pubbliche è ancora possibile, la nostra proposta del #sovraindebitamento verrà portata prestissimo in Consulta per la discussione e su questa apriremo in città diversi momenti di approfondimento, ma esiste anche l’immediato in politica e non possiamo certo ignorare l’importanza che potrà avere un coinvolgimento di tutte le reti di mutuo soccorso presenti in città, contro gli sfratti, contro la #turistificazione, contro la vendita del patrimonio, contro la devastazione ambientale. Così come è fondamentale l’apporto delle sigle sindacali di tutela dei lavoratori delle partecipate e del pubblico impiego, il ruolo dei partiti che sapranno trovare il coraggio di scegliere una via difficile ma sana per il futuro della città.
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note sul grafico
Il grafico mostrato riporta in maniera semplificata le entrate totali del Comune di Napoli e le spese, aggiungendo a queste ultime tutte le somme vincolate, per mutui derivanti da mancanza di trasferimenti, o accantonate per norma di legge.
Abbiamo operato questa scelta “non ortodossa” per rendere chiaro che i fondi vincolati e accantonati comunque rappresentano fattori esogeni che non permettono all’Ente locale di avere disponibilità di risorse liquide o finanziarie.
Abbiamo sommato a questa indisponibilità per l’Ente anche quello che secondo noi è il debito illegittimo ovvero il debito dei commissariamenti, i derivati e la indicibile quantità di interessi fuori mercato che stiamo pagando a #CDP e altre banche. Questo debito somma a 500 milioni pur prevedendo soltanto una diminuzione dello 0,5% dei tassi con CDP, pensate se si portassero a cifre umane…
Infine abbiamo riportato in tabella anche il parametro indicativo del disavanzo per rendere esplicita la sua dipendenza dalla diminuzione di trasferimenti e di entrate in generale ma soprattutto dall’accrescimento smodato dei fondi di accantonamento entrati in vigore da 2016.
Riteniamo e ribadiamo che questi vincoli alla contabilità e al bilancio introdotti dopo la crisi, finanziaria del 2008/2009 per gli Enti Locali, tutti figli del Trattato di Lisbona e dell’art. 81 della #Costituzione, ulteriormente aggravati dalla definitiva entrata in vigore nel 2016 dell’armonizzazione contabile di derivazione Europea, siano la mano diretta delle politiche neoliberiste sulla pelle di chi abita le città e abbiano il solo scopo di distruggere servizi e stato sociale con l’avallo di chi crede che tutto questo sia “buona amministrazione.