Buon compleanno, austerità!
di Matteo Bortolon-Il Manifesto 19/7/2013– L’austerità e la crisi del debito in Italia compiono due anni in questi giorni. E’ difficile stabilire una data precisa, ma la si dovrebbe collocare fra luglio ed agosto del 2011. A metà luglio era ancora viva la soddisfazione dei movimenti, palpabile al decennale del G8, per aver vinto il referendum di giugno. Ma un po’ in sordina qualcosa iniziava a montare, come il passo lontano di un esercito in avvicinamento, un po’ indistinto ma minaccioso. Poco più tardi iniziò la incalzante successione di eventi che avrebbe portato alla frettolosa sostituzione del governo Berlusconi IV con quello di Monti, evidentemente più gradito ai potentati finanziari: il sempre più minaccioso montare dello spread, 5 agosto lettera BCE, 13 agosto manovra di 45,5 mld, 26 ottobre lettera del governo all’UE, 9 novembre spread a 575 punti e nomina di Monti senatore a vita, e infine l’investitura della premierato (17-18 novembre).
Tale avvicendamento, che suscitò una opposizione nella base del PdL (e non del PD) contro il “golpe finanziario” – richiesta di elezioni della stampa di destra al teatro del Verme (12 novembre) e la manifestazione di giovani PdL alla sede di Goldman Sachs (16 novembre, il giorno prima che il PdL votasse la fiducia a Monti…) – avrebbe condotto senza tante opposizioni all’austerità seguente (le varie manovre, pareggio di bilancio, riforma Fornero); politica iniziata inutilmente proprio da Berlusconi con le manovre d’estate tentando di rimanere in sella.
Considerando l’atmosfera di emergenza generale il pensiero va allo shock di cui parla Naomi Klein: l’approfittare di eventi traumatici per imporre dolorosi avanzamenti verso il neoliberismo; non solo con una sorta di vero e proprio processo di alfabetizzazione di massa della grammatica dei mercati finanziari: l’interpretazione dei segni della loro volontà, la necessità di adeguarsi ai loro desideri, di placarli coi sacrifici… con tutto il correlato bagaglio terminologico (spread, titoli, derivati, default…); ma l’accettazione supina del rischio supremo di insolvenza: che lo Stato “non pagasse stipendi e pensioni” (lo si ripete ancora: Monti, 13 luglio scorso…). Ma quanto era concreta tale emergenza, la cui urgenza ha sorretto la necessità della “strana alleanza” PD-PdL?
Leggendo il Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia datato novembre 2011… non molto. La sostenibilità dei conti non pare essere stata minimamente in discussione (“Gli indicatori tradizionali di sostenibilità del debito pubblico segnalano inoltre per l’Italia una situazione relativamente favorevole”, p. 13). Ricorrendo a fonti internazionali di autorevolezza incontestabile quali il Global Financial Stability Report del FMI (settembre 2011) e il Fiscal Sustanibily Report 2012 della Commissione Europea, si hanno precise conferme. Quest’ultimo studio, diffuso a fine 2012, sintetizza la ricaduta di diversi fattori sulla tenuta dei conti pubblici dei paesi dell’UE con un indice di rischio; l’Italia non solo nel 2011 è visibilmente al di sotto della soglia critica (meglio del Belgio), ma è messa molto meglio di quanto non fosse nel 2009, quando la GB era ben oltre la soglia di rischio!
Emergenza poco veridica ma molto utile, dunque: fondata in uno stato d’eccezione menzognero, la politica di austerità e rigore, supinamente accettata dalle forze di governo si è installata nella costituzione economica nazionale, ha dato le basi per ulteriori riforme liberiste di struttura istituzionale, di compressione di pensioni e salari, e non ha nemmeno portato ad una riduzione del debito, passato dal 119% al 127% sul PIL. Un capolavoro. Cento di questi giorni, Austerità.