Unione Bancaria: “too big to fail” or “too small to survive?”

unione-bancariadi Roberto Errico

Salutato da politici e addetti ai lavori come un risultato straordinario, l’accordo del 14 dicembre scorso che pone le basi per l’Unione Bancaria Europea, viene presentato ai cittadini dell’UE come il risultato dell’impegno a garantire la stabilità del sistema finanziario in Europa e a prevenire crisi risolvibili solo attraverso il sostegno pubblico alle banche in difficoltà.

Il testo parte dal presupposto che, al fine di prevenire crisi sistemiche in ambito bancario e dato l’alto livello d’interconnessione già esistente tra i mercati finanziari europei, sia necessaria un’armonizzazione della legislazione basata su alcuni elementi chiave[1]. Innanzitutto, si demanda alla Banca Centrale Europea il potere di controllo sui bilanci delle banche con patrimonio superiore ai 30 miliardi di euro o i cui asset valgano più di un quinto del PIL nazionale. In ogni paese la BCE avrà comunque il potere di vigilare sui tre istituti di credito più grandi e di intervenire su tutti gli istituti potenzialmente in crisi. Il meccanismo di vigilanza, che sarà definitivamente ratificato entro marzo, prevede anche la creazione di fondi nazionali di risoluzione delle crisi bancarie acute, un percorso di armonizzazione legislativa, che sarà demandata all’European Banking Authority, e la protezione dei depositi anche in ambito comunitario.

Dietro ai sorrisi e alle strette di mano a favore della stampa dei leader europei impegnati nella trattativa, rimangono tuttavia sullo sfondo tre questioni fondamentali, riguardanti il finanziamento degli interventi previsti, l’accentramento dei poteri decisionali ed il problema rappresentato dai rischi associati alle conglomerate finanziarie “too big to fail”.
Il tema del finanziamento dei fondi nazionali di risoluzione delle crisi è stato terreno di battaglia tra Commissione, lobbies e società civile organizzata, con quest’ultima a chiedere a gran voce l’introduzione di una tassa ad hoc per finanziare i fondi stessi, che sia proporzionale alla rischiosità dell’operatività dei singoli istituti. Una norma di buon senso che l’ECOFIN non ha neanche voluto prendere in considerazione. Secondo Kenneth Haar, ricercatore di Corporate Europe, l’accordo non riflette le aspettative dell’opinione pubblica di essere più duri con le banche irresponsabili, negoziando con esse un accordo al ribasso anche rispetto ai requisiti di liquidità e trasparenza previsti dall’accordo internazionale di Basilea III[2]. Dato che dal testo non si evince chi finanzierà questi fondi, è facile giungere alla conclusione che questi verranno alimentati dagli stati stessi, in barba alle dichiarazioni di facciata e ai drammatici accadimenti degli ultimi anni.
Se sul finanziamento degli interventi si registra la schiacciante vittoria delle lobbies finanziarie, sul tema della regolamentazione e del controllo è l’euroburocrazia a segnare un punto a suo favore. Invece di andare verso un controllo demandato ad organi democratici e partecipativi, l’accordo conferma ed amplifica i poteri della BCE e dell’EBA. Il fatto che queste due istituzioni non siano elette, né sottoposte a controllo alcuno e che i loro membri provengano tutti o quasi dal mondo della finanza privata sulla quale dovrebbero vigilare, non ha minimamente scalfito la volontà di ECOFIN e Commissione UE di chiudere la partita in tal senso.
Il vero punto dirimente è però rappresentato dalla prevista armonizzazione legislativa per sviluppare il mercato unico. La decisione di accentrare molte funzioni in ambito UE pone così le precondizioni per una nuova ondata di acquisizioni da parte degli istituti più grandi. Solo nell’ultimo decennio il numero di banche in Europa  è diminuito di quasi il 30%[3]; molti istituti piccoli e medi sono stati assorbiti  dai big player, con conseguente aumento esponenziale della concentrazione del potere di erogare credito in pochi e grandi centri decisionali. Inoltre, le grandi conglomerate, per loro stessa natura, tendono in maniera pericolosa a preferire agli investimenti a lungo termine, legati a territorio, conoscenza, fiducia reciproca, le dinamiche speculative più selvagge. Anche nel bel mezzo della crisi dei debiti sovrani UE, le più grandi banche europee, da Deutsche Bank  a Barclays a Santander, sono riuscite a produrre utili notevoli proprio spostando ulteriori risorse dal credito diretto alle imprese a prodotti speculativi come i CDS[4], sfruttando al meglio la presenza sui diversi mercati nazionali e la possibilità di mettere in piedi complesse strategie di arbitraggio.

Al di là della retorica sulle regole e sulla trasparenza, il progetto di Unione Bancaria Europea è tarato essenzialmente sulle esigenze delle grandi banche. Ribaltando il concetto di “troppo grande per fallire”, armonizzazione legislativa, paracadute pubblici e controllo accentrato pongono le basi per un rilancio delle strategie più aggressive in termini di acquisizioni e di speculazione finanziaria. Parallelamente all’allontanamento dei veri centri decisionali politici registrato nel corso di questa crisi, si stanno quindi generando le condizioni per un ulteriore accentramento in poche mani della gestione del credito. Ed il fatto che i due processi camminino oramai in parallelo non deve più stupire, poiché è sempre più chiaro che essi si sostengono a vicenda.

NOTE

[1]Il testo integrale, dal titolo “Proposal for a Council Regulation conferring specific tasks on the European Central Bank concerning policies relating to the prudential supervision of credit institutions”, ECOFIN, Bruxelles, 14.12.12,   è scaricabile all’indirizzo: http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/12/st17/st17812.en12.pdf

[2]Kenneth Haar, “Not about safer banks”, pubblicato sul sito di Corporate Europe – http://corporateeurope.org/blog/not-about-safer-banks

[3]Fonte dati: European Banking Federation, http://www.ebf-fbe.eu

[4]Andrea Fumagalli, “A volte ritornano. Un anno vissuto pericolosamente”, pubblicato sul sito Uninomade – http://www.uninomade.org/a-volte-ritornano-un-anno-vissuto-pericolosamente/

Tratto dal Granello di Sabbia di febbraio 2013, scaricabile su:
http://www.italia.attac.org/granello_di_sabbia/granello_attac_nuova_finanza_pubblica_web.pdf