L'ALTRA GRECIA: AUSTERITÀ LUSITANA
di Matteo Bortolon da Il Manifesto dell’8 agosto 2015
“Contro la precarietà, per la difesa del salario”. “No ad una politica di destra”. “Fuori il governo”. Questi sono alcuni degli sloagan che punteggiano la manifestazione anti-austerità dello scorso 23 luglio: molta realtà sindacale, antagoniste, di sinistra. Espressione della nuova opposizione contro il nuovo memorandum di Syriza? Farina del sacco del vetusto KKE? No.
Questa non è la Grecia, ma il Portogallo. Il piccolo paese iberico – la cui popolazione è praticamente uguale a quella ellenica: 10,8 milioni di abitanti contro 10,7 – sempre un po’ uscito dai radar degli osservatori. Eppure ci sono diverse ragioni per cui sarebbe bene tenerlo sott’occhio, specialmente dall’Italia.
La manifestazione è stata indetta dal più forte sindacato del paese, la Confederación General de Trabajadores Portugueses (CGTP), che in questi anni ha animato le proteste contro le politiche governative. Sebbene si debba fare delle minute ricerche sulla stampa locale per trovare le notizie, non si può dire che i portoghesi abbiano accettato tali misure con rassegnazione: ad aprile si è avuta una manifestazione contro la privatizzazione dei trasporti pubblici (“privatizzare è un furto!”, “ il pubblico è per tutti, il privato solo per pochi”…).
È facile prevedere che il piccolo paese iberico farà un po’ più di notizia in prossimità delle elezioni. Che non dovrebbero riservare grandi sorprese: si ripropone l’alternanza fra la destra del Partito Socialdemocratico (attualmente alleato col Partito Popolare, democristiano) al potere dal 2011 e il centro-sinistra del Partito Socialista, con una sinistra radicale che più che una pattuglia di guastatori nell’unica camera parlamentare pare non riuscirà a fare. La versione locale di Podemos (nome: Juntos Podemos) non riesce a decollare. Proiettando le speranze delle sinistre europee nel segretario dei socialisti Antonio Costa, che si è pronunciato contro l’austerità nel pacchetto di 55 misupre presentate a marzo. Ma dato che era ministro del governo di Josè Socrates (tanto ricordato per essere stato arrestato a fine 2014 quanto per aver tagliato gli stipendi pubblici negli anni della crisi) sarebbe consigliabile una certa prudenza.
Da molti il Portogallo viene considerato il modello dell’austerità: quello “buono” dei PIIGS che ha incassato dalla Troika il suo bravo prestito di 78 miliardi e ha fatto per benino le sue riforme tornando a migliorare i suoi indici economici. Tale è anche il parere del terribile Schauble, bestia nera del sinistre europee. Il governo conservatore, forte della sua maggioranza parlamentare, ha promosso la liberalizzazione del mercato del lavoro e privatizzato delle aziende pubbliche. Il PIL è in leggera risalita e anche la disoccupazione è un po’ scesa. Tutto bene allora?
Non proprio. La disoccupazione sebbene in discesa continua ad essere piuttosto alta – con valori simili all’Italia: intorno al 13%; e, nota il Wall Stret Journal, il dato è alterato dal fatto che circa 200.000 persone sono migrate in cerca di lavoro all’estero. Il numero è pesante per un paese di poco più di 8 milioni di abinanti, di cui 4,5 fra 25-54 anni.
La Commissione europea (che sta ancora “attenzionando” il paese, nonostante sia uscito dal programma…) ammette che l’esclusione sociale è aumentata, in percentuale, più che nel resto dell’Unione europea: dal 24,9% della popolazione a richio povertà del 2009 si è passati al 27,5 del 2013 (Country Report Portugal del febbraio 2015 ì, tabella p. 8). Ma i conti come vanno?
Anche qui vediamo una similarità con l’Italia: il debito pubblico è su livelli percentuali assai simili, valutato a inizio 2015 al 129,6% sul PIL secondo la Banca centrale portoghese. Mentre massacra il welfare, la coalizione austeritaria è riuscita a passare da 164 miliardi di debito del 2011 agli attuali 224. Un successone.