Il referendum ha bloccato la privatizzazione dell'acqua? Ci pensa Cassa Depositi e Prestiti
“Il Fondo Strategico Italiano potrebbe sostenere lo sviluppo del settore idrico”
afferma Giovanni Gorno Temprini, amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti (“Affari e Finanza”, 21 gennaio 2013). Cosa intenda è a tutti chiaro, dopo che, nell’autunno scorso, è stato proprio l’ingresso di FSI nel capitale sociale di Hera (multi utility dell’Emilia Romagna) a permettere la fusione della stessa con Aps-Acegas (multi utility di Padova e Trieste), entrambe aziende quotate in Borsa, entrambe aziende che gestiscono i servizi idrici, energetici e ambientali di un’ampia zona del nord-est.Un’operazione con la quale Cassa Depositi e Prestiti, attraverso il Fondo Strategico Italiano (controllato al 90%), ha immesso nella fusione 100 milioni di euro, acquisendo il 6% del capitale sociale della nuova società. Un’ulteriore privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici locali che, per i suoi fautori, è stata tutt’altro che indolore : contestazioni dei comitati territoriali dell’acqua a tutti i Consigli Comunali che dovevano approvare la fusione, voto contrario in molti piccoli Comuni e in almeno due grandi città (Forlì e Rimini), figuraccia della maggioranza di centro-sinistra di Bologna, vero motore dell’operazione, che è riuscita a far passare il SI alla fusione solo con il voto decisivo del consigliere di opposizione, Stefano Aldovrandi, ex-amministratore delegato di Hera. Ed ecco allora il rilancio : “Rafforzare patrimonialmente le imprese sarebbe quanto mai urgente” dichiara nello stesso articolo Roberto Bazzano, presidente di Federutility, che aggiunge : “Arriviamo da una storia che ha stremato le aziende idriche italiane : l’indice della loro indipendenza finanziaria, il rapporto tra il patrimonio netto e totale dell’attivo è del 32%, questo dà l’idea di quanto le aziende siano indebitate”. Non c’è che dire : i principali protagonisti del disastro finanziario delle aziende gestore del servizio idrico, trasformate in SpA e, in parti significative del territorio italiano, collocate in Borsa, e che, proprio per questo, hanno drasticamente ridotto gli investimenti e la qualità del servizio puntando tutto sulla redditività del sistema tariffario, oggi piangono gli effetti delle loro scelte, ma chiedono di accelerare esattamente sulla medesima strada. E chi viene loro incontro? La Cassa Depositi e Prestiti, ovvero l’ente (ora SpA, con all’interno le Fondazioni bancarie) che gestisce il risparmio postale di venti milioni di cittadini/e e lavoratori/trici e che lo utilizza contro l’esito del voto referendario del giugno 2011, ovvero contro la volontà proprio di quei cittadini e lavoratori che, come la maggioranza assoluta del popolo italiano, hanno votato per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato e per la sua gestione pubblica, partecipativa e senza profitti. E’ questo il nodo da aggredire per poter vedere realizzata concretamente la volontà del popolo italiano, e per evitare di costringere lo stesso ad un assurdo paradosso: con il voto decide la riappropriazione sociale dell’acqua e dei beni comuni, con i suoi risparmi finanzia inconsapevolmente l’approfondimento delle privatizzazioni e della mercificazione degli stessi. Siamo in una fase dentro la quale in moltissimi territori stanno avanzando processi in direzione della ripubblicizzazione del servizio idrico (oltre alla città di Napoli, Imperia, Varese, Brescia, Piacenza, Reggio Emilia, Pistoia e Pescara), mentre sono in campo leggi regionali d’iniziativa popolare e proposte di ripubblicizzazione di grandi multi utility come Acea a Roma. Sono tutti processi che devono confrontarsi con la questione delle risorse, del risanamento finanziario e del costo degli investimenti : quale migliore soluzione, per ottemperare alla volontà espressa dai cittadini nel referendum, di quella di utilizzare la Cassa Depositi e Prestiti – ovvero i loro risparmi – per favorire i processi di ripubblicizzazione? Per perseguire questa soluzione, i movimenti per l’acqua e per i beni comuni devono risalire, dal conflitto a valle sugli effetti, alla riappropriazione delle decisioni a monte : per questo è necessaria la riappropriazione sociale di una nuova finanza pubblica, a partire dalla ripubblicizzazione della Cassa Depositi e Prestiti, e dalla gestione partecipativa della destinazione dei suoi fondi.
Tratto dal Granello di Sabbia di febbraio 2013, scaricabile su: http://www.italia.attac.org/granello_di_sabbia