AUSTERITA' LUSITANA 2- LA TUTELA INFINITA

di Matteo Bortolon da Il Manifesto del 21 agosto 2015

Con la sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato venerdì scorso alcune misure di austerità del governo indurranno un costo di bilancio non previsto di circa 1,3 miliardi di euro. Il premier ha convocato una riunione d’urgenza”.

Non stiamo parlando dell’Italia del 2015 e della legge Fornero, di cui alcune disposizioni sono state dichiarate incostituzionali ad aprile. Si tratta del Portogallo del 2013; tali parole si potevano leggere con poche varianti sui principali quotidiani di Lisbona ad aprile di quell’anno. Alcuni con esultanza. Altri con preoccupazione.

E non erano gli unici. Ad inizio 2014 il Fondo Monetario Internazionale scriverà: “La Corte costituzionale [portoghese] ha alterato le previsioni chiave per il bilancio 2014 a maggio, in particolare riguardo i tagli di stipendio del settore pubblico, costringendo le autorità a ribilanciare l’adeguamento fiscale con altre entrate” (Country Report gennaio 2015). E aggiungeva: “Ulteriori pronunce della Corte contro le riforme potrebbero minare la fiducia e le prospettive di crescita” (Country Report febbraio 2014). Proprio una jattura che la Corte consideri alcuni principi e diritti incomprimibili dall’austerità, insomma. Chissà cosa scriveranno sull’Italia.

Si tratta di un piccolo esempio delle similarità fra il nostro paese ed i lontani cugini lusitani, usciti l’anno scorso da un Programma di aggiustamento strutturale targato Troika; è opportuno riservargli un po’ di attenzione specialmente nella fase attuale in cui tutti parlano della Grecia, visti gli ultimi rivolgimenti; si spera in Podemos in Spagna, mentre le prossime elezioni in Irlanda sono lontane. Ma in primo paese a votare sarà il Portogallo, l’autunno prossimo (2 ottobre). Con che prospettive? Per esempio, sono usciti realmente dalla tutela dei tecnocrati come ha sbandierato il primo ministro?

Sarebbe un’illusione immaginare che le politiche di austerità terminino a breve.” “Il programma di aggiustamento durerà circa 20 anni.” “Il Portogallo continuerà almeno fino al 2035 ad essere sotto sorveglianza speciale della Troika.” Non sono frasi di qualche radicale che accusa il governo di aver montato una campagna di propaganda affermando che la fine del programma di salvataggio spalancherebbe meravigliosi scenari per il piccolo paese iberico. Sono gli stessi membri del governo conservatore: rispettivamente il primo ministro Coelho (ottobre 2013), il presidente della Corte dei Conti (febbraio 2014) ed addirittura il Presidente della Repubblica (marzo 2014).

La ragione sostanziale è che il Memorandum della Troika (firmato nel maggio 2011 da tutti i partiti più importanti: socialisti, socialdemocratici e democristiani) ha determinato una svolta nella politica del paese. Si è modificato la struttura economico-produttiva con la riduzione del mercato interno a favore di esportazione (monocultura invece della produzione agricola tradizionale) e turismo, privatizzazione dei servizi pubblici lucrativi, estensione del precariato e dei licenziamenti legalizzati; incremento abnorme della previdenza privata (che prima quasi non esisteva nel paese); sistema fiscale che grava sempre più su lavoratori o pensionati riducendo la tassazione dei redditi da capitale e plusvalenze finanziarie.

Come risultato, non solo vi è stato un incremento del debito pubblico del 36% ma un indebitamento privato che viaggia sul 200% rispetto al PIL – un po’ meglio le famiglie, peggio le imprese, il cui indebitamento è in crescita (Country Report della Commissione Europea, febbraio 2015, p. 18). In questo contesto quando il leader del Partito Socialiste dice che l’austerità ha prodotto solo povertà non gli si può dare torto. Ma quando promette di invertire la tendenza, qualche dubbio sarebbe legittimo.