Alì Monti e Mustafà Bassanini

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Ali monti

di Marco Bersani

Proprio nei giorni in cui –nonostante tre anni di misure draconiane per “combattere” la speculazione finanziaria- il Financial Stability Board (FSB) annuncia che gli asset gestiti dalla “finanza ombra” sono aumentati di 6mila miliardi di dollari in un anno, raggiungendo la cifra record di 67mila miliardi di dollari (di cui 22mila miliardi nella zona Euro); proprio nel momento in cui –nonostante un anno di macelleria economica e sociale per “ridurre” il debito pubblico in Italia – il debito è balzato dal 119,6% a 126% del Pil, l’attuale Presidente del Consiglio Mario Monti, accompagnato dal Presidente della Cassa Depositi e Prestiti Franco Bassanini, spiaggia nel deserto arabo per concludere nuovi affari, ovviamente per il “rilancio” del sistema-Paese.

Ed è notizia di ieri l’avvenuto accordo per una joint-venture tra Cassa Depositi e Prestiti e Qatar Holding Llc, emanazione del fondo sovrano del Qatar, per investimenti pari a due miliardi di euro nel made in Italy, ovvero moda, alimentare, turismo, reti e infrastrutture.

Dietro la grande soddisfazione espressa dal premier Monti –che ha incidentalmente ricordato come tutto questo è stato reso possibile dalla sua presenza, domani con il ritorno della politica chissà- e dal Presidente di CDP, la speranza è che da questo primo passo si arrivi in breve tempo ad un ingresso vero e proprio del fondo sovrano del Qatar (il dodicesimo al mondo per capitalizzazione) nel capitale del Fondo Strategico Italiano (FSI) e addirittura nella stessa Cassa Depositi e Prestiti, magari sostituendo le esauste Fondazioni Bancarie come partner privato nella stessa.

Strano Paese il nostro, dove quando si concludono business internazionali si mette in risalto l’interesse pubblico del Paese, mentre quando si mettono in campo le risorse per consentire l’ulteriore privatizzazione dei servizi pubblici essenziali (vedi recente fusione Hera – Aps Agegas, resa possibile da un investimento di 100 milioni del Fondo Strategico Italiano) ci si sbraccia per dire che CDP è un soggetto privato che opera con i risparmi privati dei singoli cittadini italiani. Qualche domanda diventa tuttavia inevitabile : a) se Cassa Depositi e Prestiti si sta sempre più comportando come un vero e proprio “fondo sovrano”, è corretto lasciar decidere la strategia industriale di un Paese a una società privata, libera di perseguire i propri interessi di profitto, qualunque essi siano, nei settori che appaiono più interessanti e senza vicoli di alcun tipo? b) è accettabile che le priorità di intervento nel sistema industriale ed economico del Paese non vengano stabilite nelle sedi deputate –Parlamento in primis- e che i mezzi per perseguirle escano dal controllo pubblico? c) se per tutte queste operazioni, CDP utilizza le risorse provenienti dal risparmio postale -225 miliardi di euro!- garantito dallo Stato, non è il momento di aprire una volta per tutte la grande questione del diritto all’informazione e alla partecipazione alle scelte di investimento da parte degli oltre 20 milioni di cittadini coinvolti? Anche perché, nella bulimia espansiva di CDP, si pone un problema di tutela del risparmio stesso, come ha recentemente evidenziato la stessa Banca d’Italia, mettendo CDP sotto vigilanza speciale, essendo un ente che detiene partecipazioni che superano i 30 miliardi di euro, ovvero più del doppio del valore del proprio patrimonio netto.