Il FMI e la banca mondiale ai tempi del coronavirus: La ricerca fallita di una nuova immagine

Di fronte alla catastrofe economica e al dramma sociale dei piani di aggiustamento strutturale (SAP) imposti alle popolazioni del Sud, a partire dagli anni Novanta, molte voci denunciavano i promotori di queste politiche: FMI e Banca Mondiale. Al di là delle accuse delle ONG e della comunità alter-mondialista, le critiche si sono diffuse dove non era previsto, come Joseph Stiglitz, ex capo economista della Banca mondiale, che ha firmato un atto d’accusa nel 2002 contro il FMI1.

Sulla scia di queste condanne, il rialzo dei prezzi delle materie prime a partire dal 2003-2004 ha consentito a una serie di paesi di ottenere le valute necessarie per il rimborso anticipato del FMI, liberandosi così parzialmente dalle condizioni catastrofiche legate ai prestiti di questa istituzione. A quel tempo, di fronte a questa crisi di legittimità, e mentre la carenza di clienti iniziava a farsi sentire finanziariamente, le istituzioni di Bretton Woods hanno intensificato gli sforzi per costruire una nuova immagine.

Annunciando, a partire dal 1999, l’abbandono dei tanto denigrati SAP e il riorientamento della sua azione sulla lotta alla povertà, la Banca Mondiale ha preteso di essersi ammantata di una nuova morale. Quanto al FMI, se la crisi del debito al Nord è stata una grande opportunità per ricostruire una salute finanziaria a partire dal 2008, i suoi dirigenti ne hanno approfittato per gridare a squarciagola il sedicente rinnovo dell’istituzione. “Non riconoscete più il FMI? Nei fatti, è cambiato!”2, assicurò Dominique Strauss-Kahn alla televisione francese nel 2011. La Banca mondiale è anche orgogliosa di lottare contro il cambiamento climatico.

Ma dietro questi discorsi…vi sono reali novità nelle istituzioni di Bretton Woods?

È chiaro che non è il caso. Un esempio per dimostrarlo: la banca mondiale continua a sovvenzionare massicciamente la produzione di elettricità a partire dai combustibili fossili.

La fine dell’aggiustamento strutturale per il FMI?

Nell’ottobre 2014, in un documento intitolato “Risposta del FMI alla crisi finanziaria ed economica”, l’istituzione affermava di aver imparato dai suoi errori e assicurava che dopo la crisifinanziaria del 2008 nessuno dei prestiti concessi è stato garantito dalle condizioni draconiane utilizzate in passato. Dal 2009 un centro di ricerca economica ha deciso di sottoporre alla prova dei fatti questa affermazione3. Il risultato è chiaro: dei 41 paesi impegnati in prestiti con l’istituzione, 31 stavano portando avanti politiche di austerità di bilancio in un contesto di recessione o crescita lenta.

La situazione è peggiorata dal 2010. Secondo Isabel Ortiz e Matthew Cummins, “una contrazione prematura della spesa si è diffusa nel 2010 nonostante l’urgenza di un aiuto dei poteri pubblici alle popolazioni vulnerabili.” Secondo questi autori, nel 2013, la contrazione della spesa pubblica si è estesa e intensificata notevolmente, interessando 119 paesi in termini di PIL. Avevano previsto che questo avrebbe raggiunto 132 paesi entro il 2015.

Secondo Isabel Ortiz e Mattew Cummins, “in ciò che riguarda le misure di austerità un esame dei rapporti nazionali dell’FMI pubblicati dal 2010 indica che i governi stanno prendendo in considerazione varie strategie di aggiustamento. Si tratta soprattutto di: (i) l’eliminazione o la riduzione dei sussidi, compresi i combustibili, i prodotti alimentari e gli input agricoli (in 100 paesi), (ii) la riduzione e / fissazione di un massimo della quantità di salario, compresi i salari nei settori dell’istruzione, della sanità e in altri settori pubblici (in 98 paesi), (iii) il razionamento e la maggiore attenzione agli ammortizzatori sociali (in 80 paesi), (iv) la riforma delle pensioni (in 86 paesi); (V) la riforma dei sistemi sanitari (in 37 paesi) e (vi) la flessibilizzazione del lavoro (in 32 paesi).

Molti governi stanno anche prendendo in considerazione misure parallele per aumentare le entrate, misure che possono influire negativamente sulla parte vulnerabile delle popolazioni, principalmente attraverso l’introduzione o l’espansione delle tasse sui consumi, come l’imposta sul valore aggiunto (IVA) sui prodotti di base che colpiscono in modo sproporzionato le famiglie povere (in 94 paesi).http://www.cadtm.org/L-Ere-de-l-Austerite

Il caso dei paesi arabi sembra emblematico da questo punto di vista Preoccupati di vedere questi paesi allontanarsi dal grembo neoliberista a partire dal 2011 sotto l’effetto delle rivolte popolari volte a liberarsi dei dittatori della regione, il FMI ha moltiplicato le dichiarazioni rassicuranti. Nelle relazioni successive alla “primavera araba”, l’istituzione ha quindi insistito sulla dimensione sociale dei programmi che essa raccomandava: “crescita inclusiva”, politiche sociali per i più vulnerabili, ecc. Tuttavia, quando un ex analista della Banca Mondiale, Mohammed Mossallem, ha studiato le condizioni allegate agli accordi di prestito stipulati con Tunisia, Marocco, Giordania ed Egitto4 dopo il 2011, ha trovato tutti gli ingredienti dei SAP degli Anni ’80: riduzione delle tasse per il settore privato, aumento dell’imposta sui consumi (la tassa più ingiusta), liberalizzazione degli investimenti, diminuzione dei finanziamenti dello stato unito ad un aumento dei prezzi dell’energia, deregolamentazione del mercato del lavoro. Quanto al contenuto dei piani di austerità imposti ai paesi della zona euro dopo il 2010, esso si inscrive nella linea retta dei trattamenti inflitti ai paesi dell’Africa del nord.

Mea culpa sull’austerità: rimessa in questione profonda o lacrime di coccodrillo?

In questi ultimi anni tuttavia, si è visto il moltiplicarsi dei rapporti interni che criticavano vivamente le politiche del FMI: – Gennaio 2013: Olivier Blanchard, capo-economista del FMI, rivela che il FMI ha molto largamente sottostimato l’impatto negativo dell’austerità sulla crescita economica. L’errore nei calcoli è tutt’altro che anedottico, poiché stimato attorno al 300%5! – Febbraio 2014: Dopo che due studenti hanno demolito uno studio realizzato da vecchi economisti a capo del FMI, che affermavano che un debito pubblico superiore al 90% del PIL comportava automaticamente un rallentamento della crescita economica, degli esperti del FMI confermano che non esiste una soglia critica del debito pubblico6.

– Giugno 2016: Tre economisti del Fondo pubblicano un documento intitolato “Il neoliberalismo è stato sovrastimato?”, nel quale affermano: “invece di apportare una crescita economica alcune politiche economiche neoliberali hanno aumentato le ineguaglianze, e allo stesso tempo, compromesso ogni espansione economica durevole.” Queste numerose critiche preannunciano un cambio di rotta dell’istituzione?

All’inizio, se i grossi titoli dei giornali hanno dato l’illusione che gli autori di questo tipo di relazione mostrano una grande eterodossia, una attenta lettura del loro lavoro mostra che i loro propositi restano relativamente moderati. A titolo di esempio, se lo studio “Il neoliberalismo è stato sovrastimato?” porta delle cifre che mostrano molto bene i limiti di questo modello, ricorda anche che vi sono “molte ragioni per celebrare l’agenda neoliberista”7. Bisogna anche sottolineare che per la maggior parte del tempo i documenti eterodossi e critici che sono pubblicati sul sito del FMI non impegnano che i loro autori e non tutto il FMI in quanto istituzione. In più, notiamo che il gioco della contraddizione non è una cosa nuova in seno alle istituzioni di Bretton Woods.

Ma la questione è di sapere se questa autocritica così limitata preannunci o meno dei reali cambiamenti nell’orientamento dell’istituzione. Tuttavia l’intervento del FMI in Grecia a partire dal 2010 è emblematico di questa persistenza nell’applicazione delle politiche neoliberali che favoriscono il grande capitale, rafforzano le disuguaglianze sociali e distruggono le conquiste sociali essenziali.

Già nel 2013 uno studio dell’ufficio di valutazione indipendente del FMI8 ha riconosciuto che il primo piano di salvataggio del 2010 si era concluso con “notevoli fallimenti”. Tuttavia, le ricette di austerità continuarono senza sosta. Nel giugno 2016, lo stesso Ufficio “indipendente” produceva un rapporto che fa la stessa osservazione del fallimento dell’azione del FMI in Grecia. Ma questa volta, gli esperti del Fondo arrivano ad affermare che malgrado tutti i limiti dell’azione del FMI, “è impossibile costruire uno scenario alternativo”.

Il famoso TINA (There Is No Alternative) non sembra aver davvero abbandonato i corridoi dell’istituzione! A inizio ottobre 2020, di fronte alla più importante crisi internazionale del capitalismo dopo gli anni 1930, alcuni ricercatori del FMI annunciano che occorre aumentare la spesa pubblica9. Questo è ciò che stanno facendo tutti i governi per salvare le grandi imprese ed evitare di cadere nell’abisso. L’aumento della spesa è finanziato da un aumento esplosivo del debito pubblico, e da nessuna parte i governi adottano misure per attingere alle grandi fortune e alle grandi società.

La riforma democratica del FMI e della Banca mondiale …o la montagna che partorisce un topolino

Fin dal suo inizio, la struttura del processo decisionale all’interno del FMI ha favorito gli Stati Uniti e i suoi alleati vittoriosi dopo la Seconda guerra mondiale. Questa distribuzione del potere profondamente ineguale, che si basa sulla regola “1 dollaro = 1 voto”, è stata sempre più contestata dai paesi emergenti che volevano la loro parte della torta. Per tentare di stabilire una parvenza di democrazia e soddisfare la domanda di questi paesi in espansione, una riforma sull’aumento delle quote-parte10 e il trasferimento dei diritti di voto è finalmente entrato in vigore all’inizio del 2016.

In realtà non è mai stato in questione di adottare un sistema che permetta a tutti i paesi membri di avere voce in capitolo ma piuttosto di soddisfare quei “paesi emergenti” il cui peso economico era diventato troppo importante per essere ignorato. Se il 6% dei diritti di voto che sono stati nuovamente ripartiti sono dunque andati verso i BRICS (eccetto il sud-Africa), i grandi perdenti di questa operazione sono senza sorprese i paesi più poveri, per i quali il FMI si è impegnato, non senza cinismo, a “preservare”11 i diritti di voto.

Il Bangladesh si è senza dubbio sentito rafforzato nel suo potere d’azione alla vista di questo impegno, lui che dispone dello 0,24% dei diritti di voto per difendere gli interessi dei suoi 155 milioni di abitanti! Da parte loro, gli USA escono doppiamente vincitori in questa operazione. Non soltanto essi mantengono il controllo sulla struttura, poiché cedendo solo lo 0,3% dei loro diritti di voto, mantengono il loro prezioso diritto di veto12.

Inoltre, rimangono i comandanti a bordo di una nave più grande poiché la riforma consisteva anche nel raddoppiare praticamente le risorse del Fondo, portandole a quasi 660 miliardi di dollari.

«Queste riforme rafforzano la posizione dominante degli Stati Uniti in questa istituzione cruciale, fornendo al Fondo una solida base finanziaria» Jacob Lew, Segretario del Tesoro americano, 2015.

Per la Banca mondiale, l’ultima grande riforma di questo tipo ha avuto luogo nell’aprile 2010, sotto la presidenza del controverso Robert Zoellick. Oltre a un aumento di 86,2 miliardi di dollari nel capitale della BIRS, i paesi del Sud hanno visto aumentare i loro diritti di voto di 3,13 punti percentuali, pari al 47,19% dei voti totali. Rispetto al 15,44% degli Stati Uniti, questo è molto poco per questi 135 paesi con l’85% della popolazione mondiale13.

«DSRP », « Doing business », « EBA » … nuovi nomi , stesse politiche!

A partire dalla fine degli anni ’90 una pioggia di critiche si è abbattuta sulla Banca Mondiale. A tal punto che diventa sempre più difficile per l’istituzione promuovere i PAS che si trovavano al centro della controversia. Di fronte a questa crisi di legittimità, la Banca moltiplicherà le piroette semantiche senza toccare la logica neoliberista inscritta nel suo DNA. Tra questi sotterfugi si trova soprattutto l’iniziativa dei Paesi poveri molto indebitati (PPTE) che attraverso lo sgravio limitato del debito controllato dalle IFI, consente – ancora oggi – di imporre ai paesi più poveri politiche simili ai piani di aggiustamento strutturale e di mantenerli nella spirale del debito. Inoltre, nel 2002, poco dopo che la Banca ha annunciato la fine ufficiale dei PAS, è nato un nuovo strumento chiamato “Doing Business” (“fare degli affari”)….Il caso fa decisamente le cose bene!

Questo rapporto annuale si propone di classificare i 189 paesi membri della Banca mondiale secondo la loro capacità di creare un buon “clima imprenditoriale” per gli investitori in funzione di differenti criteri: una massima deregolamentazione, una fiscalità favorevole al settore privato, una legislazione che protegge il meno possibile i diritti dei lavoratori e che li mette in concorrenza tra loro. I governi dei Paesi del Sud si votano quindi ad una forte concorrenza per offrire al settore privato le condizioni più attrattive, consapevoli che anche la Banca Mondiale e i creditori bilaterali orientano le loro linee di prestito in base ai risultati ottenuti in questa classifica. E la Banca ne gioisce! Nel 2014 essa si compiaceva che il «Doing Business» avesse ispirato più di un quarto delle 2100 riforme registrate dalla sua creazione14. E non voleva fermarsi qui! Alla richiesta espressa dal G8 nel 2012 di”sviluppare un indice per valutare i paesi sul clima imprenditoriale nel settore agricolo”15, essa ha sviluppato lo strumento «Enabling the Business of Agriculture» (EBA)16.

Finanziato dalla Fondazione Bill e Melinda Gates così come dai governi statunitense, inglese, danese e dei Paesi Bassi, l’EBA modella la sua metodologia su quella del “Doing Businesses”. Valorizzando l’accesso a fattori di produzione non biologici e spingendo per l’agricoltura a contratto, l’EBA consente alle grandi multinazionali dell’agro-business di estendere ulteriormente la loro influenza17. La logica sostenuta dalla Banca Mondiale va completamente contro la realtà e gli interessi dell’agricoltura familiare, che tuttavia riguarda l’80% delle aziende agricole nei paesi in via di sviluppo. Limitato in un primo tempo a un progetto pilota che riguardava 10 paesi volontari, il rapporto 2016 si era già esteso a 40 paesi e l’ambizione è quella di coprire un massimo di paesi quanto prima. Alla luce di tutti questi nuovi dispositivi, è difficile vedere come la Banca mondiale sarebbe diventata, come sostiene, un’organizzazione che lotta contro la povertà.

Le controversie attorno al «Doing Business»

Ma ancora una volta la realtà ha presto riacciuffato l’istituzione. Alle molteplici accuse provenienti dai movimenti sociali, dai sindacati, o ancora dai professori universitari, si sono aggiunte quelle di Paul Romer, allora capo-economista della Banca mondiale.Contando in particolare sulla perdita di 23 posti in Cile, allora presieduto dalla “socialista” Michelle Bachelet, ha ugualmente denunciato il pregiudizio ideologico (apertamente neoliberista) nella metodologia e nella stesura del rapporto. Dopo essere stato richiamato all’ordine dal presidente Jim Yong Kim, ha presentato le sue dimissioni nel gennaio 2018. Nell’agosto 2020, la banca mondiale stessa annuncia, suo malgrado, l’interruzione della pubblicazione del rapporto 2020 dopo segnalazione di un certo numero di irregolarità concernenti le modifiche apportate ai dati dei rapporti “ Doing Business 2018 e Doing Business 2020, […] pubblicati rispettivamente nel 2017 e 2019. Queste modifiche non erano coerenti con la metodologia Doing Business18.

«La Banca mondiale si siede sui diritti umani!»

Ci si poteva ragionevolmente aspettare che un’organizzazione che pretende di lottare contro la povertà includa il rispetto dei diritti umani come uno dei criteri fondamentali della sua azione Tuttavia, e sebbene sia ufficialmente obbligata a rispettare le norme del diritto nternazionale19, sono passati più di 76 anni da quando questi principi non varcano la soglia degli uffici silenziosi di Washington.

«La Banca mondiale si siede sui diritti umani. Essa li considera preferibilmente come una malattia contagiosa che come dei valori e degli obblighi universali”20

Philip Alston, Relatore Speciale dell’ONU sulla povertà estrema e i diritti umani, 2015

Per “giustificare” questo rifiuto, la Banca si nasconde dietro la sua missione che, limitandosi a considerazioni economiche, le impedirebbe di affrontare concetti troppo politici. È difficile capire come questa presunta missione tecnica la collocherebbe al di sopra del diritto internazionale. Inoltre, la Banca mondiale non ha avuto alcun problema a trovare delle giustificazioni quando si trattava di integrare questioni come la corruzione, il riciclaggio di danaro, il finanziamento del terrorismo o la governance, che non facevano inizialmente parte delle sue prerogative.

La Banca mondiale, un’area di non-diritto

Credendosi al di sopra della legge, la Banca mondiale continua a violare i diritti fondamentali dei popoli del Sud. Tra i molti numerosi esempi, citiamo l’inchiesta sul campo realizzata in quattordici paesi dal Consorzio internazionale per il giornalismo investigativo(ICIJ)21, che rivela che i progetti finanziati dalla Banca hanno costretto quasi 3,4 milioni di persone ad abbandonare il loro domicilio dopo il 2014, persino col ricorso ai poliziotti armati, incaricati di espellerli. Lungi dall’essere un caso isolato, le autorità delle Nazioni Unite, nazionali, e i comitati di esperti indipendenti non cessano di confermare che molteplici progetti finanziati dalla Società finanziaria internazionale (SFI), uno degli organi della Banca mondiale, hanno provocato gravi violazioni dei diritti umani: accaparramento di terre, repressione, arresti o omicidi arbitrari, al fine di mettere a tacere i movimenti di protesta contro alcuni progetti finanziati dalla Banca.

Lo scandaloso fiasco dei «pandemic bonds» emessi dalla Banca mondiale.

Nel giugno 2020, la Banca mondiale ha rinunciato a mettere sui mercati finanziari una nuova emissione di titoli «pandemici»(pandemic bondnel gergo dei fondi di investimento e della stampa finanziaria) dopo che la prima è stata criticata per la sua lentezza nell’erogazione degli aiuti alle nazioni povere colpite da gravi epidemie22. La Banca mondiale ha lanciato nel 2017 il suo programma di «pandemic bonds» in seguito all’epidemia di ebola del 2014 in Africa. Perché un paese possa avere accesso a questo programma per far fronte a una epidemia, occorreva dimostrare che l’epidemia avesse causato almeno 2500 decessi. Nel 2018, la Repubblica democratica del Congo aveva dovuto aspettare che l’epidemia causasse il caos per poter ricevere un aiuto. Questo aveva provocato forti critiche. La Banca mondiale ha emesso questi titoli nel 2017 per un importo di 320 milioni di dollari destinati ufficialmente ad aiutare i paesi in via di sviluppo di fronte a una grave epidemia di malattia infettiva23.

I fondi di investimenti e le banche private che hanno acquistato questi titoli nel 2017, hanno fatto succosi profitti, perché la Banca ha loro garantito un rendimento a due cifre, vale a dire nettamente più del 10%. I detentori di questi titoli tra i quali Baillie Giffordche è un fondo di investimento scozzese, Amundi(che di proprietà della banca francese, Crédit Agricole)e Stone Ridge Asset Managemen,società finanziaria newyorches,hanno ricevuto pagamenti di interessi che ammontavano a quasi $ 100 milioni alla fine di febbraio 2020!!!!

A metà aprile 2020, più di due mesi dopo che il virus aveva cominciato a propagandarsi nel mondo, sono state finalmente soddisfatte le condizioni per pagare quasi 200 milioni di dollari. I 64 paesi che dovranno spartirsi la magra somma di 195 milioni di dollari avranno diritto a seconda delle loro dimensioni a un aiuto che oscillerà tra 1 milione e 15 milioni di dollari a seconda delle loro dimensioni, accontentandosi di noccioline. L’importo più elevato disponibile, di 15 milioni di dollari, è stato assegnato alla Nigeria e al Pakistan. Una seconda versione del «Meccanismo di finanziamento d’urgenza in caso di pandemia (PEF)»24, è questo modo in cui la Banca mondiale si riferisce ai «pandemic bonds» chedovevano essere emessi questo anno, dopo che la Banca mondiale aveva dichiarato all’inizio del 2019, che procedeva a degli aggiustamenti strutturali prima di commercializzare il nuovo prodotto nel maggio 2020 o intorno a quella data. Finalmente davanti alle critiche sempre più numerose, la Banca mondiale ha rinunciato a passare alla fase 2.

BM/FMI e la crisi del 2020 nel contesto della pandemia di coronavirus

I governi e le grandi istituzioni multilaterali come la Banca mondiale, il FMI e le banche regionali di sviluppo hanno strumentalizzato i rimborsi del debito pubblico per generalizzare delle politiche che hanno deteriorato i sistemi di salute pubblica: soppressione di posti di lavori nel settore della sanità, precarizzazione dei contratti di lavoro, riduzione di letti in ospedale, chiusura di strutture sanitarie, di prossimità, aumento del costo della salute, sotto-investimenti nelle infrastrutture e nelle attrezzature, privatizzazione dei differenti settori della sanità, sotto-investimento pubblico nella ricerca e sviluppo dei trattamenti a beneficio degli interessi dei gra ndi gruppi privati farmaceutici.

Anche prima dello scoppio dell’epidemia di Covid-19, queste politiche avevano già prodotto enormi perdite in vite umane e in tutto il mondo il personale sanitario aveva organizzato delle proteste. Se vogliamo darci i mezzi per combattere il coronavirus e, oltre a ciò, per migliorare la salute e le condizioni di vita delle popolazioni, dobbiamo adottare misure di emergenza. La sospensione immediata del pagamento del debito e ancor meglio il suo annullamento devono costituire una priorità. Ora né la Banca mondiale, né il FMI hanno annullato i debiti dopo lo scoppio della pandemia di coronavirus25.Queste due istituzioni hanno reso molteplici dichiarazioni, volte a dare l’impressione che stiano intraprendendo un’azione molto forte. È completamente falso. Il meccanismo messo in opera dal FMI, la BM e il G20 assomiglia come due gocce d’acqua al meccanismo messo in atto dopo lo tsunami che aveva colpito l’India, lo Sri Lanka, il Bangladesh e l’Indonesia nel dicembre 200426.

Invece della cancellazione, i creditori pubblici si limitano a posticipare le scadenze. Quanto al FMI, non mette fine al rimborso, nemmeno lo sospende. Ha messo a punto un fondo speciale che è alimentato dai paesi ricchi, a cui il FMI attinge per ripagarsi. Ancor peggio, dopo il marzo 2020 il FMI ha prorogato i contratti di prestito che implicano la prosecuzione delle misure strutturali enumerate più in alto. Quanto alla Banca mondiale, dopo il marzo 2020, essa ha ricevuto ha ricevuto più rimborsi dai paesi in via disviluppo di quanti ne abbia forniti, sotto forma di sovvenzioni o prestiti.

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Questo testo è una versione aggiornata e accresciuta di Emilie Paumard,“Il FMI e la Banca mondiale hanno appreso dai loro errori?”,https://www.cadtm.org/Le-FMI-et-la-Banque-mondiale-ont-ils-appris-de-leurs-erreurs?,pubblicato il 13 ottobre 2017. Milan Rivié ha contribuito all’aggiornamento del testo ed Éric Toussaint si è occupato delle ricerche complementari e della redazione finale. Grazie a Claude Quémar per la rilettura.

1 Joseph E. Stiglitz, La Grande Désillusion, Fayard, 2002.

2 Commento tenuto sulla piattaforma di France 2 il 20 febbraio 2011. Citato nell’articolo di Christian Chavagneux, «Le FMI a-t-il vraiment changé?»Alternatives économiques, n°301, aprile 2011.

3Mark Weisbrot and al., “IMF‐Supported Macroeconomic Policies and the World Recession: A Look at Forty‐One Borrowing Countries”, CEPR, ottobre 2009.

4Al momento dello studio di Mohammed Mossallem, il contratto di prestito con l’Egitto non è ancora concluso. Il FMI ha finalmente convalidato un contratto di prestito di 12 miliardi di dollari nel novembre 2016.

5Hubert Huertas,«Extraordinaire: l’austérité est une erreur mathématique!»,France culture, 9 gennaio 2013. 6«Ce doctorant qui a fait trembler les défenseurs de l’austérité»,Le Soir, 22 avril 2013;Marie Charrel,« Le FMI admet qu’il n’existe pas de seuil critique de la dette publique »,Le Monde, 18 febbraio 2014. 7Jonathan D. Ostry, Prakash Loungani, and Davide Furceri, “Neoliberalism: Oversold?”,FMI, giugno 2006.

8FMI,Greece: Ex Post Evaluation of Exceptional Access under the 2010 Stand-By Arrangement, IMF Country Report No.13/156, giugno 2013. 9Vitor Gaspar, Paolo Mauro, Catherine Pattillo et Raphael Espinoza, «L’investissement public au cœur de la reprise», https://www.imf.org/fr/News/Articles/2020/10/05/blog-public-investment-for-the-recovery, 5 octobre 2020 et FR24 News France, “Le FMI abandonne les préoccupations liées à la dette publique et appelle les gouvernements à investir” https://www.fr24news.com/fr/a/2020/10/le-fmi-abandonne-les-preoccupations-liees-a-la-dette-publique-et-appelle-les-ouvernements-a-investir.html, 5 ottobre 2020.

10La quota-parte di un paese membro determina il suo impegno finanziario massimo rispetto al FMI, così come il suo potere di voto.

11Vedi: https://www.imf.org/external/french/np/sec/pr/2010/pr10418f.htm

12FMI,“Acceptances of the Proposed Amendment of the Articles of Agreement on Reform of the Executive Board and Consents to 2010 Quota Increase“, aprile 2017. 13“La Banque mondiale réforme le pouvoir de vote, obtient une injection de 86 milliards de dollars”, 25 aprile 2010, https://www.banquemondiale.org/fr/news/press-release/2010/04/25/world-bank-reforms-voting-power-gets-86-billion-boost

14World Bank Group,“Doing Business 2014 – Understanding Regulations for Small and Medium-Size Enterprises”, 2013. 15«Fact sheet: G-8 action on Food Security and Nutrition». Communiqué de presse,The White House, 18 maggio 2012, cité dans The Oakland Institute,«Les Mythes de la Banque mondiale sur l’Agriculture et le Développement», 2014, p.5. 16World Bank Group,«Améliorer le climat des Affaires dans l’Agriculture, Rapport d’Etape», 2015, p. V. 17Rémi Vilain,«La nouvelle révolution verte en Afrique subsaharienne», CADTM, décembre 2015.

18«Doing Business — Irrégularités dans les données, Communiqué », 27 agosto 2020,https://www.banquemondiale.org/fr/news/statement/2020/08/27/doing-business—data-irregularities-statement

19Il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti economici, sociali e culturali ha ricordato in una dichiarazione ufficiale del 24 giugno 2016 che la Banca Mondiale, come ogni altra organizzazione internazionale, deve rispettare imperativamente la Dichiarazione universale dei diritti umani, i principi generali del diritto internazionale e dei Patti sui diritti umani del 1966.Vedi:E/C.12/2016/1 «Public debt, austerity measures and the International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights». Statement by the Committee on Economic, Social and Cultural Rights. 20Philip Alston,“Report of the Special Rapporteur on extreme poverty and human rights”, A/70/274, 4 agosto 2015.

21Xavier Counasse,«Enquête internationale: 3,4 millions depersonnes expulsées par la Banque mondiale»,Le Soir, 16 aprile 2015. 22Financial Times, “World Bank ditches second round of pandemic bonds”, 5 luglio 2020,https://www.ft.com/content/949adc20-5303-494b-9cf1-4eb4c8b6aa6b(attention accès payant). 23Ecco che cosa si può trovare sul sito della Banca mondiale:«Sottoscritta a luglio 2017, l’assicurazione comprendeva due categorie di attività, ciascuna composta da obbligazioni e swap. La Categoria A comprendeva 225 milioni di dollari in obbligazioni e 50 milioni in swap e la Categoria B comprendeva 95 milioni di dollari in obbligazioni e 55 milioni in swap. Le obbligazioni sono state emesse nell’ambito del Global Bond Issuance Facility dell’IBRD, nell’ambito del programma di cambiali con di capitale a rischio creato nel 2014 in parte per trasferire il rischio di catastrofi sui mercati dei capitali.» Source :https://www.banquemondiale.org/fr/topic/pandemics/brief/fact-sheet-pandemic-emergency-financing-facility

25Milan Rivié, «6 mois après les annonces officielles d’annulation de la dette des pays du Sud : Où en est-on ?», 17 septembre 2020. Disponible in:https://www.cadtm.org/6-mois-apres-les-annonces-officielles-d-annulation-de-la-dette-des-pays-du-Sud. 26Voir le livre Éric Toussaint et Damien Millet,Les Tsunamis de la dette,éditions Syllepse et CADTM, Paris-Liège, 2005  https://www.cadtm.org/Les-Tsunamis-de-la-dette