Il debito italiano si può ripudiare?
di Cristina Quintavalla, Antonio De Lellis da Il Manifesto del 22.06.2019
Nuova finanza pubblica. Il debito non è una calamità naturale, né l’effetto di una spesa sociale troppo alta: la sua odiosità discende dalla sua composizione e dagli effetti antipopolari che ne discendono. Il caso Italia.
«Se Salvini volesse davvero combattere contro Bruxelles, come afferma, dovrebbe spingere affinché il governo smetta di rimborsare i 360 miliardi di euro di titoli italiani, detenuti dalla Bce. Mi potrà smentire, ma credo che non lo farà, altrimenti entrerebbe in contraddizione con i banchieri italiani e le istituzioni finanziarie che lo sostengono». Così lo storico e politologo Eric Toussaint, di Cadtm, rispondendo a una domanda sul contesto italiano, nell’ambito di un incontro sul debito nella sede dell’agenzia Di.re.
Nel corso dell’evento di Roma è stato presentato il suo libro, Il Sistema, Storia del debito sovrano e del suo ripudio (prefazione di Marco Bersani, edizioni Bordeaux), così come a Taranto, Parma e Milano.È stato messo in evidenza come il sistema del debito come strumento di dominazione sia l’architettura del capitalismo. Il braccio operativo è costituito da istituzioni come il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, l’Organizzazione mondiale del commercio, che destabilizzano mercati e Stati, attraverso il ricatto del debito, imponendo politiche di ’salvataggio’ alle condizioni da loro stabilite. A farne le spese i popoli dei paesi più poveri, i quali, messi di fronte all’obbligo di restituire i debiti pregressi, cedono risorse, terre, prodotti. Le grandi multinazionali, col sostegno dei governi occidentali, monopolizzano le attività estrattive minerarie, impongono i loro prodotti, distruggono la piccola economia contadina, devastano i territori.
Anche le istituzioni europee, come Bce e Commissione europea, hanno istituito dei dispositivi che costringono gli stessi Stati dell’euro-zona a ricorrere al mercato speculativo per finanziarsi.
Il debito non è una calamità naturale, né l’effetto di una spesa sociale troppo alta: la sua odiosità discende dalla sua composizione e dagli effetti antipopolari che ne discendono.
Toussaint ha sostenuto che il debito odioso può essere ripudiato, come hanno cercato di fare molti popoli e governi nel corso della storia degli ultimi 2 secoli. «Affinché un debito contratto da un governo regolare in un modo altrettanto regolare possa essere considerato odioso occorre dimostrare che gli obiettivi, per i quali i debiti furono contratti, fossero palesemente contrari agli interessi di tutto o di una parte del territorio e che i creditori al momento dell’emissione del prestito fossero al corrente della finalità odiosa».
Le cause del debito pubblico italiano sono: i salvataggi bancari (13,5 mld), i mancati introiti fiscali per effetto delle riduzioni di cui hanno beneficiato i redditi più alti (295 mld), le speculazioni finanziarie (467 mld solo negli anni 1992/207/2011)), gli interessi sul debito (dal 1992 al 2017 2.094 miliardi, di cui 1.299 a debito), elusione ed evasione fiscale (mediamente 120 mld l’anno). Alla luce di questi dati e delle altre spese, come ad esempio quelle per armamenti e grandi opere inutili e dannose, può essere ripudiato il debito pubblico italiano?
Noi pensiamo di sì, a patto di saper costruire un vasto fronte di opposizione e di interconnessioni, intrecciando le analisi e concentrando l’attacco alle condizioni di vita e di lavoro. Per accogliere questa sfida dobbiamo considerare che, mentre oggi vi sono molti linguaggi, ma un unico pensiero, noi dovremmo avere più espressioni di pensiero ma un unico linguaggio, comune e di lotta, che si esprima attraverso la costruzione di un’etica condivisa, con l’obiettivo di una vita dignitosa per tutti i viventi del territorio, dentro un altro modello di società.