Non pagheremo più le loro crisi
COMUNICATO STAMPA di CADTM Europa
In piena crisi Covid-19 Mario Draghi dichiarava al Financial Times: bisogna fare di tutto per assicurare il futuro dell’eurozona. Così confermando un principio già applicato da tempo dai dirigenti comunitari: assorbire le perdite del settore privato a costo di aumentare in modo permanente i debiti pubblici.
Da aprile la Commissione europea riprendeva gli annunci della BCE, dichiarando che le regole di bilancio non verranno applicate durante la crisi. Così la “regola d’oro” si applica contro le popolazioni per imporre l’austerità, ma vi si deroga volentieri per soccorrere il settore privato.
Così come nella crisi del debito greco del 2015, nessuna forma di solidarietà finanziaria è stata messa in piedi a favore dei paesi più in difficoltà. Al contrario, si pianifica l’indebitamento crescente e permanente degli Stati, in primis Italia e Spagna, a beneficio di banche e mercati.
Il piano “d’emergenza” da 750 miliardi di euro, annunciato dalla BCE lo scorso 18 marzo, consiste in realtà in un programma di riacquisto di titoli pubblici e privati presso banche private, che si aggiunge agli interventi precedenti per arrivare ad un intervento complessivo di 1050 miliardi di euro, ovverosia 117 miliardi al mese.
Tale piano non comporta alcun sostegno né per l’economia reale né per il settore della sanità, messo sotto pressione da decenni di austerità e privatizzazioni, né per tutti coloro che hanno perso i loro redditi in seguito alle misure restrittive.
La BCE riprende la politica del Quantitative Easing che a partire da marzo 2015 aveva preso la forma di un piano di aiuti massiccio destinato agli azionisti delle grandi banche, le stesse che erano state responsabili della crisi del debito.
Non comportando vincoli quanto al comportamento dei suoi beneficiari, tale piano ha permesso alle banche di ricomprare le loro stesse azioni presso i loro azionisti, distribuendo loro favolosi dividendi e di riprendere liberamente le loro attività speculative.
Dalla conseguente nuova onda di investimenti speculativi è derivato un nuovo rapido aumento dell’indebitamento in Europa e nel mondo, che ha raggiunto il livello record del 322% sul PIL globale. Da fine 2018, molteplici crolli borsistici e finanziari sono stati i segnali di una nuova crisi, di cui Covid-19 è stato il detonatore. Come mostra la recessione del settore della produzione industriale iniziata dallla seconda metà del 2019 in Germania, Italia, Giappone, Sudafrica Argentina e USA.
Per tutte queste ragioni non accetteremo di pagare ancora una volta la loro crisi. Esigiamo una rottura radicale con la politica dei salvataggi incondizionati delle banche e del settore privato.
Esigiamo l’annullamento dei trattati europei e la loro sostituzione con trattati che si incentrino sul benessere delle popolazioni anziché sui profitti di banche e speculatori.
Allo stesso modo esigiamo l’annullamento di tutti i debiti illegittimi che contribuiscono all’asservimento dei popoli da parte della finanza.
Esigiamo anche la messa in opera di politiche sociali e di investimento pubblico congiuntamente a un reale piano di sostegno alle popolazioni europee.
L’urgenza non è salvare i grandi azionisti delle banche e delle grandi imprese: l‘urgenza è di corrispondere ai bisogni di finanziamento della sanità pubblica e della protezione sociale di tutte le persone che oggi non hanno casa, accesso all’acqua, all’eletticità, all’alimentazione o a dei redditi sufficienti da poter coprire tali bisogni.
Per rispondere a tutte queste necessità e liberare i fondi necessari a garantire un reddito a chi ne dispone il CADTM esige una moratoria sul rimborso degli interessi sul debito, inclusi quelli dei debiti privati delle fasce popolari e la messa in campo di una tassa di crisi sulle imprese che realizzano i profitti più alti e sul 10% più ricco dei patrimoni.
La sospensione immediata del pagamento dei debiti pubblici deve essere connessa ad un audit a partecipazione popolare al fine di individuare la parte illegittima di essi e di annullarla.
CADTM esige altresì che le imprese e/o lo Stato si facciano carico dei salari dei dipendenti la cui attività è sospesa, così come dei precari, interinali, autonomi e stagionali, senza intaccare permessi lavorativi e congedi lavorativi retribuiti.
Lo Stato deve assicurare il versamento dei salari al posto dei datori di lavoro che rifiuteranno di farlo, imponendo loro delle multe conseguenti. Similmente, a livello europeo, l’Ue deve obbligare gli azionisti a rinunciare ai loro dividendi del 2020. Un reddito decente deve essere egualmente versato ai disoccupati, a stagisti, e alle persone senza diritto ai sussidi.
Nell’emergenza tali misure devono essere attuate assieme alla chiusura di tutte le attività non essenziali; alla proibizione dei licenziamenti e alla reintegrazione di chi ha perso il lavoro durante la crisi; alla fornutura gratuita di adeguati mezzi di protezione a tutti i lavoratori e le lavoratrici ancora in attività; al diritto di astensione dal lavoro in caso di non rispetto delle condizioni di sicurezza; alla sospensione di tutti gli sfratti, degli affitti, della riscossione di prestiti, delle bollette di acqua ed energia; alla messa a disposizine di alloggi per tutte le famiglie che abitino in abitazioni precarie o senza tetto; alla messa in opera di misure immediate di protezione per le donne e bambini vittime di violenza domestica, con rapide misure di allontamento del coniuge violento; blocco delle espulsioni e regolarizzazione immediata di tutti i sans-papiers e dei/lle rifugiati/e con accesso immediato ai sistemi di protezione sociale.
Più a lungo termine altre misure permetterebbero di rispondere ai bisogni di finanziamento degli Stati: il finanziamento pubblico da parte della banca centrale al tasso dello 0% per rompere con il ricatto dei mercati; la socializzazione -sotto controllo pubblico- del settore bancario e delle assicurazioni; una riforma radicale della fiscalità su patrimoni e redditi; la chiusura delle reti di elusione fiscale delle grandi imprese; la tassazione delle transazioni finanziarie al di sopra di una determinata soglia; l’annullamento delle spese militari e la riconversione dei lavoratori del settore; l’esproprio e il controllo pubblico dei settori essenziali.
Questa crisi ha mostrato del resto a che punto le nostre società facciano affidamento ai lavori di cura esercitati per la schiacciante maggioranza dalle donne. Occorre riconoscere tale realtà resa spesso invisibile e fare pressione affinché sia presa in carico dal settore pubblico.
Questa crisi rappresenta l’occasione di ottenere un reale cambiamento delle regole del gioco per modificare i nostri modi di vita, le modalità di proprietà, produzione e il nostro rapporto con la Natura, dando la priorità ai beni comuni, alla sovranità alimentare e alla rilocalizzazione della produzione materiale e dei servizi, adottando modi di lavoro e di produzione compatibili con la lotta contro la crisi ecologica.
Occorre pianificare la decrescita migliorando le condizioni di vita, allargare la sfera dei servizi pubblici, il controllo pubblico e la democratizzazione per rompere con la società dell’1% dei più ricchi e realizzare invece una società ecologista, socialista, autogestita, femminista e antirazzista al 100%.
Traduzione in italiano di Matteo Bortolon
Articolo per la prima volta apparso su: http://www.cadtm.org/Nous-ne-paierons-plus-leurs-crises