Le false riparazioni e la nuova colonizzazione italiana in Libia

di Chiara Filoni – Il 30 agosto 2008 l’Italia del governo Berlusconi firma a Bengasi il Trattato di “Amicizia, partenariato e cooperazione” con il governo libico di Gheddafi che impegna l’Italia a “investire” 5 miliardi di dollari alla Libia come compensazione per l’occupazione coloniale durata dal 1911 al 1943. In cambio, il governo libico si impegnava a combattere l’immigrazione clandestina e a favorire gli investimenti delle aziende italiane nel suo territorio. Come se la compensazione per la violazione dei diritti umani e i danni causati da una guerra potesse avere un rovescio della medaglia.

Il trattato è il frutto di un lungo processo negoziale iniziato dai precedenti governi italiani allo scopo di riappacificare i rapporti tra i due paesi, incrinatosi, secondo fonti italiane, con l’avvento al potere di Gheddafi nel 1969, la “cacciata” di 20000 italiani dalla Libia e la confisca dei loro beni come compensazione parziale per i danni della colonizzazione. In realtà la storia dei rapporti tra l’Italia e la Libia è di lunga data e macchiata da sangue, guerre e deportazioni con responsabilità tutta italiana.

La colonizzazione italiana in Libia

La prima conquista della Libia da parte dell’Italia prende il via nell’ottobre 1911 quando Giolitti- presidente del Consiglio dei ministri del regno d’Italia all’epoca- invia delle truppe a Tripoli e Tobruk contro l’Impero Ottomano. La resistenza dell’esercito turco e lo scoppio della prima guerra mondiale costringono gli italiani a ripiegare verso la costa. Con la pace di Losanna del 1912, l’Impero Ottomano rinuncia alla sovranità politica sulla Libia e sancisce il riconoscimento internazionale dell’Italia sulla Libia, anche se la resistenza araba contro l’esercito italiano non cessa.

Alla fine della prima guerra mondiale (1919) venne proclamato lo Statuto Libico1 in Cirenaica con forti concessioni alle forze ribelli e tale politica venne sentita come debole e rinunciataria da parte dell’opinione pubblica più nazionalistica, anche perché di fatto l’Italia si riduceva a controllare solo alcune città della costa (Tripoli, Begasi e Cirene). Le cose cambiarono durante l’epoca fascista2: Mussolini diede nuovo impulso alla colonizzazione del Paese come era già nelle intenzioni dei precedenti governi liberali, allo scopo di sfruttare le risorse agricole della Libia e trovare una collocazione a migliaia di contadini italiani (per la maggiore in provenienza dal Sud Italia) impoveriti dalla crisi, protagonisti nei primi anni del secolo di una massiccia emigrazione verso l’Argentina, Stati Uniti, Francia e Svizzera. L’idea di fondo era quella di redirigere queste emigrazioni verso territori da “civilizzare” e annettere alla patria. Per stroncare la ribellione all’interno del paese, tra il 1930 e il 1931 l’intera popolazione della Cirenaica – l’ultimo focolaio di resistenza- fu deportata in 16 campi di concentramento dispersi nel deserto e sulla costa. 270 chilometri di filo spinato vennero costruiti tra la Libia italiana e l’Egitto per impedire la fuga dei libici, senza parlare delle torture afflitte alla popolazione (stupri, decapitazioni, donne incinte squartate, bambini gettati in calderoni pieni di acqua bollente, anziani a cui venivano cavati gli occhi e strappate le unghie), delle armi chimiche utilizzate fino al 1931 e vietate dalla Società delle Nazioni e dei quasi nove decimi del bestiame, vitale per i seminomadi, distrutti3. Nel 1931 il leader delle forze ribelli senussi, Omar al-Mukhtar, venne impiccato e la Libia nel 1934 diventò totalmente e ufficialmente italiana. Altri leader dei senussi furono deportati in Italia, la confraternita religiosa colpita. Questa repressione spiega il forte sentimento anti-italiano nella Libia odierna, dove peraltro al-Mukhtar è ancor oggi considerato una sorta di eroe nazionale 4.

Secondo lo storico Angelo Del Boca (il più importante studioso del colonialismo italiano), i morti libici dal 1911, anno dello sbarco degli italiani a Tripoli, al 1943, quando gli inglesi occupano la Libia e cacciano gli italiani, ammontano a 100.000 libici5. La popolazione all’epoca era circa di 800000 persone: ciò significa che una persona su otto è morta in Libia durante la colonizzazione, o in combattimento, o nei campi di concentramento italiani o deportata nelle isole senza più fare ritorno.

A differenza di altri imperi coloniali, la fine del colonialismo italiano non avvenne tramite la proclamazione delle indipendenze da parte delle colonie: l’Italia perse infatti tutte le sue dipendenze coloniali – ovvero la Libia, l’Africa Orientale Italiana (Eritrea, Etiopia e Somalia), Dodecaneso greco e la Consessione di Tientsin- in seguito alla sconfitta subita nella Seconda Guerra Mondiale.

L’ingresso dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale al fianco dell’Asse nel 1940 pose di fatto fine al processo di colonizzazione della Libia, che nel 1942 fu occupata dagli Inglesi nel quadro dell’avanzata degli Alleati in Nordafrica. La Gran Bretagna occupò stabilmente quelle che anticamente erano state le colonie italiane: la Tripolitania e la Cirenaica, e nel 1947 il trattato di pace impose all’Italia sconfitta di rinunciare a tutti i suoi possedimenti coloniali. Si arrivò così nel 1951 alla creazione del Regno Unito di Libia (in principio governato dai Senussi), uno stato federale che proclamò la propria indipendenza6.

Indipendenza e nuova colonizzazione economica

Con la scoperta di giacimenti petroliferi nel deserto libico 1963, ha inizio la trasformazione economica del paese. Benché politicamente indipendente, la nuova monarchia libica continuava ad essere una sorta di protettorato degli Anglo-Americani che mantenevano sul territorio importanti basi militari e intascavano i profitti dell’estrazione petrolifera. Il ricavato di questo sfruttamento non aveva di fatto contribuito in alcun modo al progresso sociale della popolazione libica che versava in condizioni economiche precarie esattamente come ai tempi della colonizzazione7. L’economia libica era dunque prevalentemente gestita dagli occidentali, con gli italiani a dominare il settore agricolo e imprenditoriale.

Il malcontento derivato dalla politica filo-occidentale fu la causa principale del rovesciamento della monarchia senussita e la proclamazione della Repubblica di Libia nel 1969 tramite un colpo di Stato. Il regime di Muammar Gheddafi avviò una politica nazionalista e pan araba (nel tentativo da parte della Libia di federarsi con altri Stati arabi della regione): 20000 italiani residenti in Libia (cosi come i residenti libici di religione ebraica) e le forze militari straniere stanziate nel paese vennero espulsi, le imprese gestite dagli stranieri vennero nazionalizzate, la cultura e l’educazione nazionali fortemente arabizzati fino all’introduzione della legge coranica nel 19778.

La nuova giunta militare usa l’Italia come “nemico esterno” per cementare il consenso interno, attraverso iniziative propagandistiche quali la confisca dei beni degli Italiani (compresi i contributi previdenziali)9 giustificata da Gheddafi come parziale ristoro dei danni derivanti dalla colonizzazione e come detto l’espulsione degli italo-libici, e l’istituzionalizzazione del “giorno della vendetta” il 7 ottobre, l’anniversario della “cacciata degli italiani” 10.

L’accordo di Benghasi viene preceduto da un altro accordo, quello di Dini-Mountasser del luglio 1998 che anticipa tutta una serie di decisioni che poi verranno confermate a Benghasi : ricerca dei familiari dei libici deportati in Italia, aiuto allo sminamento, risarcimenti per i libici, nonché la realizzazione di progetti economici a cura di una società mista che avrebbe raccolto contributi da vari soggetti pubblici e privati, italiani e libici.

Cosa prevede il trattato ?

Per quanto concerne il Trattato di Amicizia, partenariato e cooperazione, quest’ultimo viene firmato nell’agosto del 2008 ma entra in vigore nel marzo 2009. Il trattato vuole giocare il ruolo di vero e proprio partenariato anche se, come vedremo alcune delle disposizioni sono già previste dal diritto internazionale, mentre altre istituzionalizzano delle forme di neocolonialismo economico dal lato italiano su pretesto delle riparazioni di guerra.

– Dal punto di vista simbolico viene stabilita la data del 30 agosto (l’anniversario della firma) come giorno dell’”Amicizia italo-libica” che vuole sostituire il “giorno della vendetta”.

All’articolo 19 è prevista “l’intensificazione della collaborazione nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti e all’immigrazione clandestina”. Il trattato in questione promuove la realizzazione del controllo delle frontiere terrestri libiche, da affidare a società italiane in possesso delle competenze tecnologiche necessarie. L’Italia si è impegnata a sostenere il 50 per cento dei costi di realizzazione di tale sistema, mentre il restante 50 per cento sarebbe sostenuto dall’Unione europea.

La politica di controllo delle frontiere italiane non è un’invenzione di Salvini: le richiesta di controllo e il rinvio dei barconi dall’Italia alla Libia con annessi accordi segreti tra i due paesi ha una storia lunga che procede e segue questo trattato. Nel 2004 per esempio era stato revocato l’embargo14 che riguardava equipaggiamenti militari e misure economiche dell’Unione europea sotto esplicita pressione italiana: senza quegli equipaggiamenti militari la Libia non avrebbe avuto i mezzi necessari per il controllo delle frontiere15! Con il presente trattato la Libia deve provvedere alla costruzione di campi di accoglienza temporanei nel suo territorio, in attesa del rimpatrio nei paesi di origine. Ma come sappiamo questo è solo l’inizio. La Libia non ha mai ratificato nessuna convenzione internazionale sul diritto d’asilo e i diritti umani e l’Italia ne è ben consapevole. Questa narrativa sull’immigrazione che fa del-la migrante un-e illegale è la vera causa del business de l’immigrazione, dello sfruttamento operato dai trafficanti, delle violenze perpetrate ai-alle migranti, della loro compravendita alla stregua delle merci.

A partire dal febbraio 2011 e “a ragione delle continue violenze governative libiche contro le forze ribelli libiche”16 l’Italia dichiara di voler sospendere il trattato. Tale sospensione non è ancora in vigore dal momento che quest’ultima può avvenire solo per mutuo consenso. In realtà, come affermano diversi esponenti del governo, la sospensione è de facto. Ciò ha permesso all’Italia di partecipare all’operazione militare dell’ONU- Odyssey Dawn– in Libia (senza violare il patto di non agressione di cui sopra) ma non ha impedito che gli accordi economici riprendano appena la situazione economica l’ha permesso. Nel giugno 2016, la Libia ha richiesto la ripresa degli impegni assunti con il trattato oltre che con l’Impresa ENI.

Conclusioni

La comune concezione che il colonialismo italiano venga concepito come un colonialismo “dolce” rispetto a quello delle altre potenze europee è smentito dai fatti e dal genocidio perpretrato nel biennio ’30-’31, dall’uso delle armi chimiche e dalla costruzione di campi di concentramento. Non casualmente, la repressione fascista italiana è ancora oggi ricordata in gran parte del mondo arabo ed è significativo che la via principale di Gaza porti il nome di Omar al-Mukhtar.

La volontà delle elite politiche post seconda guerra mondiale di chiudere il capitolo di passato ha fatto si che nessun generale italiano (in primis Graziani e Badoglio sotto il regime fascista) fosse processato per i crimini commessi in guerra. La storia è stata cancellata, come se alcun crimine di guerra fosse stato commesso, li lontano in Africa..

Il silenzio e la rimozione delle vergognose atrocità quegli anni rappresenta una violazione dei diritti umani e di ogni principio di giustizia rispetto cui l’Italia si macchia e per le quali la negazione delle riparazioni di guerra è solo l’ultimo triste episodio. Ciò che viene annunciato nel trattato di Benghasi come un “risarcimento completo e morale” non è mai andato oltre la frase dell’annuncio. Di fatto, l’accordo, non solo ha ignorato i crimini dei fascisti (e degli italiani che li hanno preceduti) e ha cercato di premiare i libici che hanno contribuito a commetterli, ma ha anche scambiato le dovute riparazioni come un’occasione di investimento per le imprese italiane con i profitti intascati per i bravi imprenditori italici.

Per di più il il trattato ha costituito un’opportunità preziosa per l’Italia di fermare le migrazioni provenienti dal continente africano, in aperta violazione dei trattati internazionali in materia di diritto d’asilo e di obbligo di salvataggio in mare. A chi vanno allora i benefici di queste “riparazioni”?

1 Lo Statuto Libico oltre a riconoscere i capi della resistenza libica come controparte legittima, “concede” ai libici la cittadinanza italiana e una loro specifica rappresentanza parlamentare

2 Con l’avvento di Mussolini assieme alla Libia si cerca di consolidare i possedimenti coloniali anche in Eritrea e Somalia.

3https://www.vice.com/it/article/gqz774/crimini-colonialismo-italiano-libia-834

4Strazza M., La sporca guerra di Libia (1911-1931), disponible sur http://win.storiain.net/arret/num153/artic3.asp

5http://omero.humnet.unipi.it/matdid/1033/18.%20Il%20colonialismo%20italiano%20in%20Libia.pdf

6 Breve storia della Libia, http://geostoria.weebly.com/breve-storia-della-libia.html

7Di Meo A., La decolonizzazione italiana, Marzo 2015, disponible su: http://www.instoria.it/home/decolonizzazione_italiana.htm

8Ibidem 8

9 Il valore dei beni compresi valore immobiliari depositi bancari e le varie attività imprenditoriali ed artigianali attualizzato al 2006 ammonta a 3 miliardi di euro. Anche se nessun risaricmento è stato operato dal governo libico, gli aventi diritto hanno beneficiato di forme di indennizzo da parte dello Stato italiano.

10Ronzitti I., Il Trattato Italia-Libia di Amicizia, Partenariato e Cooperazione, Gennaio 2009

11Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale a oggi sono state distrutte circa 400.00 mine anti-uomo e ne restano circa 7 milioni ancora disseminate per il paese. Per maggiori informazioni Resta P., Rapporti Italia -Libia, Gruppo dello Zuccherificio, 2010

12 come la Venere di Cirene, che fu scoperta da archeologi italiani nel 1913 e da allora custodita al Museo nazionale romanoLa restituzione era stata già decretata nel 2002, ma Italia nostra aveva presentato ricorso al Tar del Lazio. Infine il 23 giugno il Consiglio di Stato che ha dato il via libera definitivo.

13 https://www.internazionale.it/notizie/khalifa-abo-khraisse-2/2018/03/09/libia-colonialismo-italiano

14 Il regime di Kadhafi è accusato di atti di terrorismo di Stato nell’attentato di Lockerbie nel 1988 in Scozia e in quello contro un furto tra Brazaville e Parigi nel 1989. Nel 1992, la Libia è costretta ad accettare un pesante embargo da parte delle Nazioni Unite per questi fatti.

15Ibidem 11

16https://www.corriere.it/politica/11_febbraio_26/libia-berlusconi-larussa-trattato-gheddafi_7acd0620-419b-11e0-b406-2da238c0fa39.shtml